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SRI LANKA - dove abbiamo iniziato   

Politiche di investimento agricolo mai attuate, condizioni dei lavoratori delle grandi piantagioni lasciate a livelli di "schiavitù", mercati invasi da prodotti del mercato del sud-est asiatico che mettono a dura prova l'artigianato dell'isola. Il turismo con le sue doppie facce,..   
 

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LO SRI LANKA - DOVE ABBIAMO DECISO DI INIZIARE

Antica meta commerciale dagli Arabi ai Fenici, vive le sue prime colonizzazioni con i Portoghesi e Olandesi, che fra il 1500 e 1700, imperversarono nell'isola, razzian - dola delle sue ricchezze, entrarono in conflitto con i vari regnanti delle splendide capitali di quel tempo Kandy e Anuradhapura, spargendo sangue e odio.

Poi dal 1700 al 1948 fu colonizzata dagli Inglesi che le cambiarono il nome in Ceylon. Gli inglesi stabilirono il completo controllo sull’isola nel 1802 e Ceylon fu trasformato in colonia della Corona. Nel 1832 i radicali cambiamenti apportati dagli Inglesi alle leggi sulla proprietà spalancarono le porte ai coloni britannici a spese dei singalesi i quali, nell’ottica dei dominatori non potevano rivendicare alcun diritto sulla loro terra. In quel tempo la popolazione dell'isola era divisa in due grandi etnie, i Sinhalesi, che rappresentavano la maggioranza, ed i Tamil di origine indiana. Il periodo coloniale preparò silenziosamente l'attuale scenario di divisione sociale.

Gli Inglesi tenevano in grande considerazione le caste superiori Tamil, culturalmente più preparate e di conseguenza pronte a recepire i programmi, gli scopi della loro presenza sull'isola. Ma questo fece scattare subito l'odio e le gelosie da parte dell'etnia Sinhalese, che represse fino a quando gli Inglesi non introdussero il suffragio universale poco prima del loro abbandono e della fine della colonia. L'isola fu sfruttata, immense piantagioni di thè presero il posto alla normale attività agricola, etnie del sud dell'India vennero a forza trasportate come schiavi per la loro lavorazione, la cultura veniva immobilizzata, le tradizioni artigianali ingabbiate, il tutto era controllato in funzione della produzione della colonia che doveva arricchire la madre 'Inghilterra'. Tutto questo tracciò profonde fratture sociali, attriti che poi risultarono fatali. Difatti nel 1948 conquistata l'indipendenza, gli antichi odi si presentarono. La nascente borghesia Sinhalese appoggiata dai capi Buddhista iniziò il boicottaggio dell'etnia Tamil. Fu vietata la loro lingua nelle scuole, molti luoghi pubblici li vennero vietati, in parlamento con una serie di provvedimenti furono messi alle strette, tanto da uscirne. Si rifugiarono nel nord, nella loro Jaffna, ed una parte di loro dette il via ad un partito estremista che ben presto sposò la guerriglia e che infuocò l'isola dando vita ad un conflitto dal 1980-1990, che paralizzò l'isola, la sua economia. Ma il decennio prima non fu da meno. Le grandi famiglie che si contendevano il potere, al di fuori del Parlamento dettero il via ad un periodo di 'caccia alle streghe'. Morti misteriosi, contendenti eliminati dal nulla crearono anni oscuri, culminati ai fine anni settanta con lo sterminio di massa del partito comunista nascente J.P.V. Questo teatro di conflitti sociali e la guerra che oramai dilaniava il Nord, ha creato fino ai giorni nostri, enormi disequilibri sociali ed economici.

Da una parte la gestione del conflitto, i suoi enormi interessi, dall'altra un'economia per pochi, aperta agli investimenti esteri, senza filtri che ha sfasciato un mercato locale già di per sé precario. Politiche di investimento agricolo mai attuate, condizioni dei lavoratori delle grandi piantagioni lasciate a livelli di "schiavitù", mercati invasi da prodotti del mercato del sud-est asiatico che mettono a dura prova l'artigianato dell'isola. Il turismo con le sue doppie facce, da una parte il "benessere", dall'altra scenari di "mercati umani", prostituzione maschile, pedofilia.
Un turismo che ha accentrato ricchezza in zone circoscritte e che richiama a è un mondo di anime ad "elemosinare".
Un miraggio economico che illude al guadagno "veloce", soprattutto nei giovani, Da una parte la gestione del conflitto, i suoi enormi interessi, dall'altra un'economia per pochi, aperta agli investimenti esteri, senza filtri che ha sfasciato un mercato locale già di per sé precario. Politiche di investimento agricolo mai attuate, condizioni dei lavoratori delle grandi piantagioni lasciate a livelli di "schiavitù", mercati invasi da prodotti del mercato del sud-est asiatico che mettono a dura prova l'artigianato dell'isola. Il turismo con le sue doppie facce, da una parte il "benessere", dall'altra scenari di "mercati umani", prostituzione maschile, pedofilia.
Un turismo che ha accentrato ricchezza in zone circoscritte e che richiama a è un mondo di anime ad "elemosinare".
Un miraggio economico che illude al guadagno "veloce", soprattutto nei giovani, che crea fenomeni di abbandono dei lavori più umili, ma ancor più degradante induce le famiglie povere a spingere i bambini alla vendita di piccoli oggetti sulle spiagge, con rese minime, ma soprattutto con il rischio di incontrare un mondo che vede in loro merce di turpi mercati. Attualmente nell'isola esistono sacche di povertà in forte contrasto con le aeree di sviluppo, abbandonate a se stesse, come buona parte del sud, alle prese con forti siccità, mancanza di pozzi. Villaggi isolati dove malattie e degrado sociale devastano centinaia di famiglie.
Gli Inglesi tenevano in grande considerazione le caste superiori Tamil, culturalmente più preparate e di conseguenza pronte a recepire i programmi, gli scopi della loro presenza sull'isola. Ma questo fece scattare subito l'odio e le gelosie da parte dell'etnia Sinhalese, che represse fino a quando gli Inglesi non introdussero il suffragio universale poco prima del loro abbandono e della fine della colonia. L'isola fu sfruttata, immense piantagioni di thè presero il posto alla normale attività agricola, etnie del sud dell'India vennero a forza trasportate come schiavi per la loro lavorazione, la cultura veniva immobilizzata, le tradizioni artigianali ingabbiate, il tutto era controllato in funzione della produzione della colonia che doveva arricchire la madre 'Inghilterra'. Tutto questo tracciò profonde fratture sociali, attriti che poi risultarono fatali. Difatti nel 1948 conquistata l'indipendenza, gli antichi odi si presentarono. La nascente borghesia Sinhalese appoggiata dai capi Buddhista


iniziò il boicottaggio dell'etnia Tamil. Fu vietata la loro lingua nelle scuole, molti luoghi pubblici li vennero vietati, in parlamento con una serie di provvedimenti furono messi alle strette, tanto da uscirne.
Si rifugiarono nel nord, nella loro Jaffna, ed una parte di loro dette il via ad un partito estremista che ben presto sposò la guerriglia e che infuocò l'isola dando vita ad un conflitto dal 1980-1990, che paralizzò l'isola, la sua economia. Ma il decennio prima non fu da meno. Le grandi famiglie che si contendevano il potere, al di fuori del Parlamento dettero il via ad un periodo di 'caccia alle streghe'. Fu vietata la loro lingua nelle scuole, molti luoghi pubblici li vennero vietati, in parlamento con una serie di provvedimenti furono messi alle strette, tanto da uscirne. Si rifugiarono nel nord, nella loro Jaffna, ed una parte di loro dette il via ad un partito estremista che ben presto sposò la guerriglia e che infuocò l'isola dando vita ad un conflitto dal 1980-1990, che paralizzò l'isola, la sua economia. Ma il decennio prima non fu da meno. Le grandi famiglie che si contendevano il potere, al di fuori del Parlamento dettero il via ad un periodo di 'caccia alle streghe'.
Morti misteriosi, contendenti eliminati dal nulla crearono anni oscuri, culminati ai fine anni settanta con lo sterminio di massa del partito comunista nascente J.P.V. Questo teatro di conflitti sociali e la guerra che oramai dilaniava il Nord, ha creato fino ai giorni nostri, enormi disequilibri sociali ed economici. Da una parte la gestione del conflitto, i suoi enormi interessi, dall'altra un'economia per pochi, aperta agli investimenti esteri, senza filtri che ha sfasciato un mercato locale già di per sé precario. Politiche di investimento agricolo mai attuate, condizioni dei lavoratori delle grandi piantagioni lasciate a livelli di "schiavitù", mercati invasi da prodotti del mercato del sud-est asiatico che mettono a dura prova l'artigianato dell'isola. Il turismo con le sue doppie facce, da una parte il "benessere", dall'altra scenari di "mercati umani", prostituzione maschile, pedofilia. Un turismo che ha accentrato ricchezza in zone circoscritte e che richiama a è un mondo di anime ad "elemosinare". Un miraggio economico che illude al guadagno "veloce", soprattutto nei giovani, che crea fenomeni di abbandono dei lavori più umili, ma ancor più degradante induce le famiglie povere a spingere i bambini alla vendita di piccoli oggetti sulle spiagge, con rese minime, ma soprattutto con il rischio di incontrare un mondo che vede in loro merce di turpi mercati. Attualmente nell'isola esistono sacche di povertà in forte contrasto con le aeree di sviluppo, abbandonate a se stesse, come buona parte del sud, alle prese con forti siccità, mancanza di pozzi. Villaggi isolati dove malattie e degrado sociale devastano centinaia di famiglie.

SULLE ROTTE DEL SUD EST ASIATICO

Viaggiando da Ceylon allo Sri Lanka con in mano grandi racconti, che realizzano la vocazione di compensare la naturale caducità delle cose, conservandone la memoria. Frammenti di testimonianze da Marco Polo a Carl Gustav Jung, da Lenard Woolf a Nocolas Bouvier.. Chissà quando e chissà come, i pescatori dei villaggi orientali e meridionali dello Sri Lanka torneranno a sorvegliare le loro lenze arrampicate sui lunghi pali piantati in mezzo al mare.Un ‘immagine che, fino alle devastazioni del 26 dicembre, faceva parte dell’oleografia turistica dell’isola, senza per questo cessare di riflettere un modo del tutto concreto di guadagnarsi la vita, per migliaia di persone. Tramandata di padre in figlio, questa tecnica di pesca si bas, oltre che su una sovrumana pazienza, sulle variazioni delle correnti e della temperatura dell’acqua, che determinano i movimenti dei pesci. Appollaiati sulle loro pertiche circondate dall’acqua, i pescatori cingalesi sembravano guardare il mare con la stessa infallibile sapienza degli uccelli predatori. Osservati dalla spiaggia, o dal finestrino di una macchina in corsa sulla strada che costeggia il limite meridionale dell’isola, erano un perfetto emblema degli infiniti e sempre imprevedibili equilibri che su tante coste asiatiche devastati dalle onde anomale regolavano i rapporti tra vecchio e nuovo. Alle loro spalle oltre la striscia di sabbia delle spiagge,i tratti ancora vergini di giungla e i verdi acquitrini abitati dalle mandrie di bufali neri si alternavano agli scempi industriali più insensati, e alle roccaforti del turismo organizzato di massa. Ma nessuna devastazione ambientale o ingiustizia sociale impediva ai piccoli templi e ai dagoba buddisti, in cima ai promontori rocciosi, di creare un loro microclima inconfondibile, dove il tempo era scandito dai ritmi delle offerte e delle preghiere…